Dopo anni di parole, il ‘bere moderato’ trova la sua consacrazione nei fatti. Anche tra i cocktail lover rimanere sobri dopo un drink è diventato oggi molto cool.
Bere sì, ma senza esagerare dal punto di vista alcolico. O addirittura, e caso estremo, senza ingurgitare nemmeno una goccia di alcol, optando per i cosiddetti mocktail.

Ma quanto è chic ordinare un cocktail light
Trend passeggero o inizio di una nuova era? Lo scopriremo solo bevendo. Comunque la si voglia vedere, i cocktail nella gradazione alcolica trovano la loro principale essenza e il mezzo per sprigionare al palato quelle sensazioni organolettiche che caratterizzano gli aromi di liquori e distillati. È però appurato che l’aspetto salutistico abbia recuperato posizioni nel ranking delle priorità personali. È l’healthy mania bellezza. Il Covid ha poi ridato ulteriore importanza al concetto di benessere fisico. E quindi, soprattutto in questa precisa fase storica dell’umanità, molti avventori recandosi al bar desiderano rimanere lucidi senza rinunciare al piacere di un drink. Alcuni addetti lavori sostengono che oramai è visto come abitudine chic recarsi al banco con passo felpato e ordinare una bevanda miscelata che non esageri sotto il profilo alcolico. Un tempo chi lo faceva sentiva spesso alle sue spalle il rumorino sgraziato delle risatine di scherno…Oggi non è più così. Anzi, è apprezzato.

I sober drink per rimanere lucidi
Per i cocktail quindi sta avvenendo quanto già successo con altre bevande alcoliche (vino, birra e di recente anche spirit), la cui gradazione è stata abbassata o azzerata. D’altra parte i numeri confermano che ‘low Abv is better’: Iwsr, società di ricerca di mercato specializzata nel beverage, è giunta alla conclusione che, nei prossimi tre anni, il segmento di prodotti light (distillati inclusi) registrerà complessivamente una crescita dei volumi pari al 31%, rispetto a un incremento del 3% messo a segno nel 2020.

Spazio quindi ai sober-drink che senza troppo sgomitare si ritagliano più momenti di consumo durante una giornata. Anche perché un cocktail light o analcolico lo si può degustare a pranzo senza paura di andare poi incontro a spiacevoli effetti collaterali. Il sonno del pomeriggio dopo l’abbuffata a mezzogiorno, avete presente? I recenti lockdown, con le saracinesche obbligate ad abbassarsi alle 18:00, hanno poi favorito un consumo alcolico più controllato sia per motivi di tempo limitato, sia per non trovarsi a quell’ora con qualche cocktail di troppo nel corpo.

Rimanere sempre in equilibrio
Sta comunque alla capacità di miscelare dei bartender assicurare un drink che, pur con una quantità di spirit e liquore ridotta, non deluda le aspettative dell’avventore sotto tutti i punti di vista. Per Michele Picone la chiave di volta ruota nel sapere tracciare la giusta armonia tra gli ingredienti, anche in una ricetta a basso Abv (​Alcohol By Volume, gradazione alcolica). Che non significa assolutamente oscurare il ruolo del distillato di turno. «La base di un buon cocktail è il bilanciamento – afferma il mixologist – molte volte mi sono sentito domandare dal cliente se ci fosse alcol in quello che stava bevendo. Una domanda che reputo molto interessante perché mi spinge a incoraggiarlo a dare maggiore importanza agli aromi percepiti e ordinare un altro cocktail per scoprire nuove sensazioni di gusto. E anche questo un modo per istruirlo gradualmente al buon bere». E il cocktail che ‘ci manda Picone’ ha tutta l’aria di soddisfare questi requisiti: «Prevalentemente in Italia siamo abituati a pasteggiare con un bicchiere di vino o una birra talvolta, ma anche un drink low alcol che può sprigionare tanti sapori ed accompagnare le portate proposte non è da meno. Io propongo come light cocktail un Paloma fatto con una soda al pompelmo homemade (25 cl) alla quale aggiungo una dose contenuta di Tequila blanco (3 cl), aggiustando così il bilanciamento della preparazione».

Le regole per un buon drink leggero
Che il rispetto delle parti, alcoliche debba essere reciproco ne è assolutamente convinta Terry Monroe, barlady milanese, che richiama l’attenzione su quanto sia importante riconoscere uno status ben definito a quei drink che impiegano una quantità di alcol ridimensionata: «Sono cocktail tendenzialmente di facile bevuta, vanno bene per tutti i momenti della giornata, ma solo quando il distillato non è preminente nella ricetta e non rischia di prevaricare troppo sugli altri ingredienti – afferma Terry –. Preparare drink low alcol non è così semplice come si tenderebbe a credere. Bisogna stare attenti a osservare alcuni accorgimenti essenziali, come il calibrare la quantità di zuccheri (non consiglio quindi l’uso di succhi alla frutta, per esempio) e, in generale, abbondare con i profumi altrimenti si rischia di svilire l’essenza stessa di spirit che spiccano per flagranza intensa, come quelle del gin, whisky e cognac. Più facile, invece, impiegare il rum o la tequila, la cui anima organolettica, considerando spesso il duplice processo di distillazione che ne caratterizza la produzione, la assorbono e l’affinano in botte, risultando più morbidi».

Morale della favola: ognuno ordina il drink che ama. La scelta è libera e ci mancherebbe altro non fosse così. Chi adora da sempre i cocktail più robusti sotto il profilo alcolico, continuerà a farlo senza indugiare, incurante dei nuovi trend del momento. Il resto è sobria.

Matteo Cioffi
journalist & spirits consultant

 

special thanks to Michele Picone e Terry Monroe