L’età non conta, a meno che tu non sia un vino. 

Il tempo è una variabile fondamentale per il vino, può determinarne le caratteristiche e il prezzo, esserne il miglior amico oppure l’esatto opposto. Molto spesso si fa confusione tra i termini che vengono utilizzati nella fase di evoluzione dei nostri amati vini, parliamo in particolare di maturazione e affinamento.

Iniziamo facendo un piccolo passo indietro: quando il mosto termina la fermentazione alcolica, con gli zuccheri che vengono trasformati in alcol a opera dei lieviti, otteniamo di fatto il vino con i suoi aromi secondari caratteristici della post-fermentazione. Da questo momento in poi per il vino si può parlare di maturazione, ovvero la fase che si innesta tra la fermentazione alcolica e il successivo imbottigliamento. 

Ma perché si effettua la maturazione? Tecnicamente il vino, a fine fermentazione, sarebbe pronto; tuttavia, si potrebbero avere spiccate acidità o, soprattutto per i vini rossi importanti, tannini ancora poco maturi o troppo fitti, insomma si avrebbero alcune spigolosità che possono essere opportunamente smussate. La maturazione consente di ottenere un prodotto più maturo ed equilibrato, con qualità organolettiche più gradevoli e apprezzabili e può avvenire facendo permanere il vino, per un tempo più o meno lungo, in contenitori di diversi materiali.  

Tutto questo processo può conferire caratteristiche migliorative ad alcuni vini pensati, sin dalla lavorazione in vigna, per migliorare nel tempo, ma può essere di contro superfluo, se non addirittura dannoso o insensato, per vini di pronta beva che vengono concepiti per essere goduti subito. Senza considerare che il discorso varia in base al tipo di vitigno, alla sua resa, da variabili come territorio, esposizione, microclima, composizione del suolo, annata e suo andamento meteorologico. 

Successivamente alla fase appena descritta e dopo l’imbottigliamento, si effettua l’affinamento che conclude la maturazione del vino, con un lento lavoro. L’ambiente circostante gioca un ruolo fondamentale in questo processo, le bottiglie infatti vengono poste in un luogo scarsamente illuminato, a temperatura costante e in posizione orizzontale, con un tasso di umidità idoneo. La posizione orizzontale consente al tappo di restare umido senza quindi far passare aria che, a contatto diretto con il vino, ne causerebbe l’eccessiva ossidazione. Anche in questo caso la permanenza in bottiglia è un toccasana se condotta nel modo giusto per i vini ricchi di struttura e complessità, mentre risulta un terno al lotto per i vini che nascono per essere goduti subito. Non tutti i vini sono quindi idonei all’invecchiamento. 

Ma quali contenitori vengono utilizzati per la maturazione? Sono principalmente: tini d’acciaio o vetroresina, vasche di cemento, botti di legno, anfore in ceramica o terracotta. Il materiale: alcuni risultano inerti e incapaci di trasmettere sapori al vino come vetroresina e acciaio. Altri permettono una micro-ossigenazione del vino grazie a diversi livelli di porosità, e parliamo del cemento, delle anfore e del legno, ma quest’ultimo in particolare ha la capacità di conferire al vino alcuni sentori terziari dovuti soprattutto alla sua tostatura. La dimensione è inversamente proporzionale all’intensità del loro effetto mentre il tempo di permanenza del vino al loro interno è proporzionale al grado di maturazione, struttura e complessità. 

In conclusione, ciascun vino è frutto della volontà di un produttore, di un enologo, di un cantiniere, oltre a dipendere dalle tante variabili appena descritte, per questo il tempo, se usato bene, ripaga di tutte le aspettative che vengono riposte in esso. 

Giuseppe Petronio @Peppetronio