Dopo ventun anni l’Azienda Agricola di Breganze torna a produrre la storica etichetta. Una reinterpretazione in chiave moderna che unisce territorio e storia.
Lo scorso 5 settembre è stato presentato il nuovo Prato di Canzio. Uno dei grandi bianchi italiani negli anni 80 e 90, poi uscito dalla produzione delle Cantina Maculan. Oggi viene riscoperto in una edizione aggiornata, da leggere come l’occasione di reinterpretare le proprie origini con il gusto odierno, per capire in che modo vent’anni di esperienza possano cambiare l’idea di un vino.
Prodotto tra il 1978 e il 1996, l’Azienda Agricola Maculan ha scelto di rispolverare Prato di Canzio che ritorna sul mercato con il millesimo 2017. Nel nuovo Prato di Canzio cambiano le uve che compongono il blend: lo chardonnay è utilizzato al 50%, è stato introdotto il Sauvignon al 20% ed è aumentata al 30% l’uva Vespaiola varietà autoctona che ha il pregio di donare freschezza.
L’assemblaggio delle uve avviene dopo la vinificazione separata per le 3 varietà: in acciaio per Sauvignon e Vespaiola, mentre lo Chardonnay fermenta per 5 mesi in barrique di rovere francese, finendo per riposare 1 anno in bottiglia.
‘Il risultato è un vino ampio e profondo che conserva una grande bevibilità’ Maria Vittoria Maculan
Il nome Prato Canzio nasce da un legionario romano Cantium al quale fu rilasciato come ricompensa un appezzamento di terra a metà tra collina e pianura. Da Prato Cantnium a Precantium, quindi Berganze, paese dove ha sede a Cantina Maculan e dove coltiva le sue vigne.
“Riteniamo che in un grande vino fattori naturali e umani si uniscano in modo complementare – aggiunge Angela Maculan, responsabile commerciale della Cantina – Prato di Canzio è la sintesi perfetta di questo pensiero: l’incontro tra i frutti dei pendii vulcanici e di tufo della DOC con la storia e la competenza umana che ha abitato Breganze dalle origini a oggi”.
Per l’annata 2017 sono state prodotte solo 1500 bottiglie, il vino sarà distribuito da Gruppo Meregalli dal 2020.